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La tavolozza Zorn


Dubbi su che colori usare per comporre la tua tavolozza?

Zorn ci viene in aiuto con un suggerimento direttamente dalla seconda metà del 1800.


Ma di chi si tratta?


Anders Zorn, fu un artista svedese nato nel 1860.

Pittore, scultore e acquafortista, era riconosciuto a livello internazionale già in vita.

Rispettato negli influenti circoli artistici di Parigi, dove visse per anni con la moglie; ricercato dall'alta società americana in quanto ritrattista di talento, tanto da rivaleggiare con Singer Sargent; è tutt'oggi particolarmente studiato non solo per la grande capacità con cui realizzò i propri dipinti, ma per l'utilizzo di una tavolozza molto particolare.

Pare prediligesse utilizzare solo quattro colori.



Tavolozza Zorn, di cosa si tratta?

Sono i suoi dipinti per primi a testimoniare l'utilizzo sapiente di una palette limitata, ma anche in artisti della sua epoca troviamo alcuni riferimenti specifici.

Il libro di Birge Harrison (1854-1929), Landscape Painting, ce ne parla così :

“L’illustre artista svedese Zorn usa solo due colori: vermiglio e giallo ocra; gli altri due pigmenti che sono il bianco e il nero, sono la negazione del colore. Con questa tavolozza, semplice fino alla povertà, trova tuttavia possibile dipingere un'immensa varietà di soggetti paesaggistici e figurativi."

Glissando su chi puntualizza che abbia talvolta integrato con altri pigmenti la sua scelta cromatica - cosa per altro vera - , andiamo subito al punto parlando di questa palette e del perché risulti essere non solo molto interessante anche per chi è alle prime armi, ma abbia radici ben più lontane e ricercate di quanto ci si aspetti.


Bianco di piombo, nero d'avorio, vermiglione e ocra.

Questo è tutto quello che serve.

Quattro tinte che mescolate assieme riescono ad offrire una palette straordinariamente ricca. Dai toni caldi e luminosi da una parte, bilanciati da una gamma di bruni e grigi neutri dall'altra, molto utile per realizzare appunto ritratti.


Ma perché Zorn arrivò a sintetizzare una tavolozza di questo tipo?


È facile pensare che le sue scelte stilistiche siano state influenzate dai viaggi da lui intrapresi attraverso l'Europa e i suoi musei.

E si deve forse tornare indietro di circa due centinaia di anni e alla scelta cromatica dei grandi maestri barocchi del '600.

Zorn che, come tutti i pittori fino almeno al XX sec., aveva imparato la pittura seguendo delle regole estetiche, cromatiche e compositive precise, guardava a Caravaggio e Velazquez come modelli a cui ispirarsi.


Niente di insolito dopotutto, in un'epoca in cui imparare a dipingere era ancora qualcosa di strettamente accademico e il linguaggio studiato era quello dei pittori del passato.

Quindi se Caravaggio da una parte sembrava formare i propri dipinti utilizzando bianco di piombo, giallo di Napoli, ocra gialla, vermiglione, ocra rossa, terra d'ombra bruciata, e nero carbone.

Velazquez dal canto suo rispondeva con una variazione fatta di bianco di piombo, terra di Siena bruciata, ocra gialla e blu oltremare.


La palette Zorn è una sorta di evoluzione semplificata.


E prima ancora?


C'è una tavolozza ben più primitiva e dalla natura più terrosa, che risuona con quanto scritto fino ad adesso, composta dai neri ricavati dai carboni del fuoco, dai bianchi macinati dal gesso e della calce, dalle ocre giallo rossicce dell'argilla.

Colori arcaici che dall'alba dei tempi accompagnano l'espressione umana, e che ritroviamo anche nel mondo greco, a cui Plinio nel I sec. d.C. fa riferimento quando, parlando del pittore Apelle di Kos, ne descrive la pittura di sottili velature. ( A proposito di Apelle clicca QUI )

Se facciamo affidamento alla Naturalis historia, pare che i pittori dell'intera Grecia antica utilizzassero solo questi quattro colori.

Niente blu, in quella parte del mondo per il momento.


A questo proposito, a chi avesse voglia di una lettura intensa, consiglio il saggio di M. Brusantin, Storia del colore.

E per chi non la conoscesse, la ricerca del gruppo artistico contemporaneo Cave of Apelles.



Ma oggi i colori sono gli stessi?


Non proprio, ma abbiamo degli ottimi sostituti.

Dove per bianco oggi s'intende il bianco di titanio, il nero è ancora quello d'avorio, l'ocra, tra tutte le varietà che si possono trovare, è quella gialla, e al vermiglione si può sostituire a propria scelta o il cadmio, o il rosso realizzato con i diossipirrolidoni.

(No panico, per saperne di più sui rossi clicca QUI - Alert articolo tecnico -)


Ma quale può essere il beneficio di usare pochi colori?


La tavolozza Zorn non è perfetta, ma ha una serie di incontestabili pregi.

Primo tra tutti la semplicità.

A volte, avere a disposizione troppi colori, molto intensi e pienamente saturati, può portare a dubbi o difficoltà sul loro utilizzo, o ad avere poco accordo tra le parti. Utilizzare solo 4 colori inoltre significa rendere più facile che le mescolanze condividano almeno un ingrediente comune rendendo il dipinto più armonico.


Una palette limitata, non solo ti costringe a ragionare con più attenzione sulle mescolanze, ma rende più facile pensare per gradazioni tonali.


Nei ritratti ti aiuta a studiare con una relativa facilità, le variazioni di tono dell'incarnato.


E soprattutto, il pittore viene abituato a considerare i colori sempre in dialogo tra loro: in un dipinto dalle tinte calde, i toni freddi dei grigi ottenuti unicamente dal bianco e dal nero, vengono esaltati diventando preziosi per i loro toni bluastri. E' la teoria del colore applicata.

Non a caso, la palette di Zorn, è un esercizio utilizzato in molte scuole per insegnare i primi rudimenti della pittura, senza confondere gli studenti con una tavolozza a volte inutilmente troppo ricca.


Se sei curioso di saperne di più e non ti spaventano le tecniche pittoriche, presto seguiranno altri articoli:


Bianco di piombo, croce e delizia QUI







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